Era il 18 dicembre del 1569, quando Dalmasso Fenoglio e Biagio Pasquerio inaugurarono la prima fiera in onore del Santo Patrono di Borgo San Dalmazzo. I due sindaci, ottenuta la concessione da Emanuele Filiberto fissarono la data dell’evento il 5 dicembre e la sua durata a tre giorni.
Da allora questo appuntamento si è rinnovato ogni anno, per oltre 450 volte, e ha sempre rappresentato un momento di incontro importante per tutti gli abitanti delle valli, che convergevano verso la nostra cittadina per procurarsi le ultime provviste prima del lungo periodo invernale durante il quale, a causa delle condizioni climatiche spesso sfavorevoli, diventavano difficili gli spostamenti.
I valligiani convenuti a Borgo per la Fiera erano soliti recarsi nelle osterie locali per gustare i piatti divenuti classici di questa manifestazione: il minestrone di trippe, le lumache cucinate in varie maniere e il cotechino con i crauti. Questo ha fatto sì che si sviluppasse una forte tradizione gastronomica di richiamo anche ai giorni nostri per numerosi visitatori e gourmet, che affollano la città nel periodo della Fiera Fredda.
L’Helix Pomatia Alpina è diventata piatto tipico della manifestazione. D’altronde, questa chiocciola dalla carne bianca ha fatto proprio delle Alpi Marittime il suo habitat naturale. Secondo la più antica tradizione borgarina, le lumache venivano servite semplicemente lessate nel proprio guscio dal quale venivano estratte con il caratteristico chiodo per ferrare i cavalli (usato anche ai giorni nostri) e intinte in salsa piccante a base di olio, sale, pepe e aglio, detta “salsa del cartuné”.
Il “cartun” era un carro coperto da un telo sostenuto da quattro centine di legno, trainato dal mulo: era la casa mobile del pastore delle vallate di Borgo, detto appunto il “cartuné”. Erano proprio i carrettieri di passaggio a Borgo e diretti verso la Francia i principali frequentatori delle osterie locali, che hanno dato il nome alla famosa salsa. In alternativa alla “cartunera” le lumache lessate potevano anche essere accompagnate da “ajé” (o “aiolì”), una maionese con aglio finemente pestato nel mortaio dal sapore vagamente provenzale.
A partire dagli Anni ’70, volendo dare maggiore impulso alla gastronomia elicica, i ristoratori locali si sono impegnati nella ricerca di nuove ricette, sia attingendo dai ricettari d’Oltralpe, sia dando libero sfogo alla propria fantasia in modo da poter offrire menù completi a base di lumache. Le lumache lessate (rigorosamente in acqua bollente con sale e aromi) possono poi essere trattate nei modi più svariati, per ultimare la cottura con aromi e condimenti diversi adatti ad esaltarne il sapore. Dal 2018, ad esempio, si può assaggiare la Lumaca alla Borgarina, una variazione alla nocciola della storica ricetta parigina a base di aglio e prezzemolo.
Nel corso degli anni, la Fiera Fredda è diventata l’evento gastronomico ideale per esaltare la regina della manifestazione: la chiocciola. Durante i giorni di fiera gli appassionati di gastronomia, i professionisti, i golosi ed i curiosi possono incontrare i migliori elicicoltori, assaggiare le migliori ricette preparate dagli chef che sanno unire tradizione e novità in piatti dedicati alla lumaca e molte altre specialità e prodotti tipici delle valli e non solo.